Descrizione
La Chiesa di San Francesco di Borgo di Arquata del Tronto, faceva parte di un complesso costruito intorno al 1251 e comprendeva anche un convento di frati francescani. Gli edifici, più volte rimaneggiati e ristrutturati durante tutto il Rinascimento, nei primi anni del 1800 versavano in condizioni critiche. Il convento rimase attivo fino al 1860 grazie ai fondi ricevuti da nobili famiglie e dal comune che si impegnò a versare una somma annuale per la ristrutturazione. Dopo tale data solo la chiesa rimase “operativa”.
La sua facciata, semplice e lineare, è caratterizzata da 2 ampi portali del XVI sec. Colonne di grandi pilastri che poggiano su una base quadrata dividono l’interno in due navate, presenta un soffitto ligneo a cassettoni decorati a rilievo, un bel pulpito, altari e confessionali risalenti al XVI-XVII sec. Degne di nota sono una statua lignea raffigurante Sant’Antonio da Padova del XVI sec., un crocifisso in legno policromo databile tra il XIV-XV sec., tre tele del 1600 e un affresco con una Madonna con Bambino e Santi attribuita a Cola d’Amatrice.
Nella cappella di San Carlo Borromeo, situata nella navata di destra, in un teca-reliquario sotto cui sono posti 100 lumini/candele, è custodito un estratto dall’originale della Sacra Sindone da tutti definita la Sindone di Arquata Del tutto identica all’originale che è custodita a Torino, si differenzia da essa di un solo particolare: la scritta EXTRACTUM AB ORIGINALE. Da una pergamena del 1° Maggio 1655 si evince che, il Vescovo Giovanni Paolo Bucciarelli di Narni (che la donò alla comunità di Borgo), in presenza di una speciale commissione, fece sovrapporre un lenzuolo di ugual misura e tessuto sull’autentica e, secondo una tecnica non qui descritta, un’immagine identica a quella originale rimase impressa sul lenzuolo. E’ ritenuta, come abbiamo detto, un estratto dell’originale e non una copia perché, seppur in modo impercettibile, del sudore e del sangue di Cristo son riposti anche qui; per chi crede costituisce motivo di profonda meditazione e riflessione.
Il motivo per cui venne realizzato questo estratto non lo si conosce ma si narra che vi fosse la necessità di averne una copia di proprietà ecclesiastica (essendo, l’originale, di proprietà dei Savoia che la custodirono prima in Francia nel Castello di Chambéry e successivamente dal 1578 a Torino).
Chiamata anche sudario fu per secoli custodita dai frati francescani i quali, secondo quanto tramandato dagli abitanti più anziani, nel passato un lenzuolo ritenuto miracolo veniva esposto e portato in processione con al seguito 100 lumini/candele (stesso numero di quelli posti sotto la teca) durante le carestie la siccità e le guerre. Si racconta che l’ultima ostensione sia stata effettuata durante la Seconda Guerra Mondiale.
A seguito di lavori di ristrutturazione nel 1981 fu riportata alla luce un’urna dorata al cui interno era custodito appunto il Sacro lino e, da quella data, esposta in maniera permanente all’interno della chiesa.
A seguito del Sisma del 2016 la Chiesa non è più agibile.