Descrizione
Numerose sono le ipotesi sull’origine dell’abitato di Arquata del Tronto. Si suppone possa essere stata fondata da un nucleo di Sabini, popolazione originata direttamente dagli Umbri che migrarono verso sud restando sulla dorsale appenninica che, tra il X ed il VI sec. a.C., passarono attraverso queste valli e, su queste terre, si stabilirono per voto di Primavera Sacra, dal latino ver sacrum. Nell’Italia preromana la Primavera Sacra era una ricorrenza rituale che veniva celebrata in occasione di calamità, momenti difficili o per scongiurare un pericolo. Essa consisteva nell’offrire come sacrificio a una divinità, in genere Marte, tutti i primogeniti (umani o animali) nati in un determinato periodo dell’anno. Gli animali venivano realmente sacrificati mentre i bambini venivano fatti crescere sacrati, cioè protetti dagli Dei. Questi, al compimento del ventesimo anno di età, erano costretti ad emigrare dalla loro comunità di origine per formarne di nuove altrove; in questo modo nascevano i nuovi popoli.
La più attendibile pare essere quella che la identificano come “Surpicanum”, centro sabino prima e avamposto romano dopo, situato tra le due “Statio”, Ad Martis e Ad Aquas, le attuali Tufo e Acquasanta Terme, così come riportato sulla Tavola Peutingeriana, copia medievale di un’antica carta romana che ritraeva tutte le vie militari dell’Impero. Altre notizie di presenze romane sono anche rappresentate dal passaggio di Annibale e dall’identificazione della frazione di Tufo come probabile residenza estiva della famiglia Flavia e luogo di nascita degli imperatori Vespasiano e Tito.
Le prime notizie certe però risalgono all’alto medioevo quando, nel VI sec., era definita Terra Summantina. Altro riferimento storico è fornito dal popolo longobardo che, a seguito delle invasioni, si spinse fino a Spelonga dove forse esisteva una castrum ovvero un accampamento o fortificazione dove risiedeva in pianta stabile un’unità dell’esercito. Arquata è anche citata nella cronaca di viaggio che Carlo Magno intraprese nell’800 per recarsi a Roma per la sua incoronazione avvenuta la notte di Natale ad opera di Papa Leone III.
Da sempre, il territorio è stato un importante centro nevralgico e strategico per la sua posizione dominante e per il passaggio della Via Salaria, importante via consolare costruita per il trasporto ed il commercio del sale che collegava Roma con il Mare Adriatico. Il percorso iniziava dalle antiche mura aureliane della città e giungeva, dopo 50 miglia romane, a Rieti. Proseguiva fino ad Interocrium, il paese di Antrodoco, e qui si biforcava: un ramo raggiungeva Amiternum, l’Aquila e la costa, mentre l’altro risaliva la valle per superare gli Appennini e scendere lungo la forra del Tronto passando per Ad Martis, l’attuale borgo di Tufo, Surpicarum, l’abitato di Arquata del Tronto, Ad Centesimus, il paese di Trisungo, Asculum, la città di Ascoli, terminando il suo percorso a Castrum Truentinum, San Benedetto del Tronto.
Il tracciato, costretto a passare da un lato all’altro del fiume Tronto, obbligò i romani a realizzare grandi ponti per collegare le sponde. Durante i secoli però alcuni di questi vennero abbattuti da piene ed il percorso originario, anche a causa di frane e smottamenti dati dall’instabilità del terreno, ha subito parecchie modifiche.
Oggi a Trisungo rimane uno dei pochi reperti archeologici di questa grande opera: un cippo miliare del I sec. a.C., il cui scopo era quello di indicare la distanza chilometrica dal luogo di origine, cioè da Roma. Su di esso veniva inciso il nome dell’imperatore o del magistrato che avevano costruito o restaurato la via.
Nell’XI sec. l’autonomia comunale di Arquata, con la relativa indipendenza che la città di Ascoli le aveva concesso, andò sempre più rafforzandosi tanto che nel XIII sec. Ascoli, con il contributo di Amatrice e Castel Trione, consolidò la fortezza sulla rupe per un maggior controllo e protezione dei confini occidentali, viste le continue mire espansionistiche di Norcia. Quest’ultima era soprattutto interessata a conquistare uno sbocco sul fiume Tronto e sulla Via Salaria.
Vista l’ottima posizione di dominio su cui era stata edificata Arquata con la sua Rocca, gli ascolani e i norcini furono, fino agli inizi del XV sec., perennemente in lotta per contendersi il suo dominio fino a quando, nel 1429, il Papa Martino V la cedette a Norcia, come è riportato sulla bolla pontificia del 19 Luglio. Tra il 1420 ed il 1435 soggiornò nella Rocca la Regina Giovanna II d’Angiò, incoronata Regina del Regno di Napoli da Papa Martino V.
Nota: A quel tempo Arquata era il confine settentrionale del Regno di Napoli e, vista la sua posizione strategica, la Rocca aveva un’importanza di prim’ordine.
Nel 1466 le ostilità tra le città di Ascoli e Norcia ripresero, facendo scoppiare una sanguinosa e violentissima guerra che riportò Arquata sotto il dominio ascolano ma che procurò anche gravissimi danni alla fortezza che ebbe bisogno di interventi di restauro. Successivamente venne nuovamente dominata dai norcini e, seppur con continue diatribe e lotte con Ascoli che ne rivendicava il possesso, rimase sotto il loro controllo fino agli ultimi anni del 1700. Con l’invasione francese del 1809 la prefettura di Norcia venne abolita e Arquata fu assoggettata a Spoleto, all’epoca capoluogo del Dipartimento del Trasimeno, divenendo capoluogo di cantone.
Arquata, con la sua Rocca, entrò a far parte dello Stato Pontificio e vide accrescere sempre più la sua importanza territoriale, tanto che i pontefici le accordarono importanti privilegi, tra cui quello di esigere il “passo”, cioè il pedaggio, da tutti coloro che percorrevano la Via Salaria.
Essendo, i papi, fin da sempre a conoscenza del valore strategico che Arquata con la sua fortificazione ricopriva, restaurarono la rocca e la dotarono di spazi e piazzole di artiglieria, dichiarandola il terzo fortilizio del Dipartimento insieme a quella di Spoleto e Perugia.
Con la caduta dell’impero napoleonico, il governo pontificio della Restaurazione eresse Arquata a Governo nel distretto di Ascoli, togliendola, di fatto, a Spoleto. Mantenne le competenze di Governo anche nella successiva ripartizione territoriale voluta da Papa Gregorio XVI nell’anno 1831, quando stabilì che la delegazione ascolana fosse divisa in due distretti, Montalto ed Ascoli appunto, ognuno dei quali aveva al suo interno i rispettivi Governi.
Nella successiva ripartizione territoriale effettuata dello Stato Pontificio nel 1833 Arquata è Comune di residenza del Governatore e, sotto la sua giurisdizione comprende i paesi di Borgo, Camartina, Colle, Faete, Pescata del Tronto, Piedilama, Pretare, Spelonga, Trisungo e Vezzano.
Il 22 Dicembre 1860 venne emanato il Regio decreto nr. 4495 con la quale si dichiarava che il territorio delle Marche veniva suddiviso in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni. A seguito di questo decreto, la provincia di Ascoli fino al 1927 fu divisa in due Circondari, quello di Fermo e quello di Ascoli, a loro volta suddivisi in Mandamenti e Comuni. Il circondario di Ascoli era suddiviso in 6 Mandamenti e 43 Comuni. Arquata era uno dei 6 Mandamenti che comprendeva le seguenti località: Acquasanta Terme, Arquata, Montacuto, Montecalvo del Castellano, Montegallo, Quintodecimo e Santa Maria del Tronto.
Assunse il nome ufficiale di Arquata del Tronto nel 1862 come riportato nella delibera del consiglio comunale del 5 Agosto 1862 e successivamente nel Regio decreto nr. 978 del 9 Novembre dello stesso anno.
Intorno all’anno 1865 iniziò la costruzione della strada provinciale Sub-Appenninica dei Sibillini lunga 41 km che collegava Arquata del Tronto ad Amandola attraversando Montemonaco, Montefortino e Montegallo. I lavori si bloccarono però nella frazione di Pignotti, nel Comune di Montemonaco, e per quasi 100 anni, per raggiungere Arquata del Tronto (circa 10 km in linea d’aria) si dovette percorrere un tragitto di 90 km. In questo lungo periodo di tempo, molti personaggi promisero di completare il tratto di strada ma senza nessun risultato; solamente nel 1963 si riuscì a completarla ed inaugurarla. Nel 1973 venne poi allargata ed asfaltata.
L’evoluzione demografica di Arquata del Tronto ha visto negli anni un forte decremento a causa dell’emigrazione verso le grandi città o paesi stranieri. Di seguito riportiamo il numero di abitanti, registrato nei censimenti dal 1861:
Anno 1861 – 4.912 abitanti
Anno 1871 – 5.502 abitanti
Anno 1881 – 5.443 abitanti
Anno 1901 – 6.550 abitanti
Anno 1911 – 7.043 abitanti
Anno 1921 – 7.227 abitanti
Anno 1931 – 5.831 abitanti
Anno 1936 – 5.281 abitanti
Anno 1951 – 5.057 abitanti
Anno 1961 – 4.088 abitanti
Anno 1971 – 2.473 abitanti
Anno 1981 – 1.922 abitanti
Anno 1991 – 1.644 abitanti
Anno 2001 – 1.481 abitanti
Gli attuali abitanti del Comune di Arquata del Tronto sono circa 1.300 e continuano a vivere, oltre che di turismo, anche seguendo le antiche tradizioni che, nei secoli, hanno rappresentato le principali fonti di sostentamento come l’allevamento del bestiame, l’agricoltura ed il taglio dei boschi.